Ultimo libro letto?

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roh.
view post Posted on 16/4/2010, 17:39




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Forse non si tratta neanche tanto di profondità diverse, Deb. Forse è solo un diverso modo di *guardarle*, quelle profondità che non sai afferrare.
Io tendo ad innamorarmi proprio delle cose che non capisco. Quelle che mi accelerano il cuore anche se non ci sarebbe alcunissimo motivo. Quelle che hanno sfumature che neanche riesci a definire - che cambiano in ogni momento. Che non si possono spiegare.
Quando ho iniziato a scrivere di Ash, ero in crisi anche io. Perchè ogni volta che lo prendevo in mano, mi ritrovavo con qualcosa di diverso - mi sembrava che fosse il personaggio più incoerente che avessi mai scritto. Praticamente un OOC continuo.
Poi, di colpo, mi sono accorta - probabilmente grazie a Fata che se n'era accorta prima di me - che era proprio quello il suo segreto. Il fatto di essere inafferrabile. E ho cominciato ad amarlo per quella stessa ragione. A *guardarlo*, senza cercare di stringerlo. Di inchiodarlo tra le parole.
Un pò come faccio con le poesie, ecco. O con i gatti.^^ Credo sia per questo che lui mi ricorda così tanto entrambi.
Ed è sicuramente una cosa snervante, se invece sei abituato ad *afferrare*. Se in qualche modo hai bisogno di avere il controllo sulle cose che passano per la tua testa, o su quello che leggi. Che senti.
Io per esempio esercito un controllo ferreo su *tutto*. Ma lo vivo un pò come una maledizione, ecco. E vorrei disperatamente riuscire a rompere il muro e sentire soltanto. Credo sia anche per questo che in tutto il resto - poesia e personaggi, per dire - tendo a perdermi nelle cose che mi sfuggono dalle dita. Come se fosse una valvola di sfogo di cui ho bisogno. L'unica libertà che posso vivere.
Quindi, ecco. Può darsi che stia qui, la differenza tra noi. Non nelle capacità, ma nel modo di vivere un certo tipo di incapacità. Se la cosa può avere qualche senso.^^
 
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sallygiri-deb
view post Posted on 16/4/2010, 18:04




SPOILER (click to view)
Ah.
Eh già. Adesso mi ripiglio *guarda imbambolata lo schermo*. Hai tremendamente ragione.
E' vero in modo impressionante. Il controllo, dico. Io tendo ad esercitare un controllo millimetrico nella maggior parte delle cose -anche nello studio delle sensazioni. Anche sull'emotività. Perchè è troppa e fa paura. Eppure, forse non è nemmeno questo. Ci sono cose che amo e che non capisco appieno. Parlando di poesia, direi Blake, direi Rimbaud. Parlando di personaggi, direi Vivian. Sì, certo, qualcosa ne saprei dire. Mentre un Ash, un Haruki, proprio se ne vanno per i fatti loro.
E credo che Ash sia impossibile da mettere in poesia -più di Carlos, e in modo diverso. Ash ha quelle tinte che nella poesia sono extra-verbali -la prosodia, la metrica, le rime. Tutto ciò che non è parola. E quell'essenza poetica che non è spirito, ma è musica. Si renderebbe forse con la musica, Ash. Qualcosa di più sonoro e vibrante, meno controllato. Controllabile.
Adesso sto sparando scemenze, forse.
Ma prima o poi capirò cosa mi sconvolge.
Ed anche se non capirò Ash, almeno riuscirò a farmene una ragione!
Scusa, Roh.
Per il delirio. E per non capire.
 
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roh.
view post Posted on 17/4/2010, 12:50




SPOILER (click to view)
CITAZIONE
credo che Ash sia impossibile da mettere in poesia -più di Carlos, e in modo diverso. Ash ha quelle tinte che nella poesia sono extra-verbali -la prosodia, la metrica, le rime.

Hm. Per come lo sento io, Ash più che altro è un tipo particolare di poesia. Molto psichedelica, se vogliamo - qualcosa di cui non potresti arrivare a capo neanche se ci stessi sopra mille anni. Per dire, io lo vedo praticamente in tutte le poesie di Jim Morrison. E in molte poesie di Alejandra Pizarnik. Che sono appunto quelle che leggo e razionalmente penso "E che vuol dire?" mentre emotivamente sto già morendo. Quelle che passano dalla pagina scritta ai tuoi nervi senza quasi sfiorarlo, il cervello. Come un lampo.
Ma può darsi che io lo senta così perchè non riesco a sentire la musica, di mio. Lui, di suo, è sicuramente nella musica che invece vive di più.
(Ed è quasi imbarazzante quanto siamo finite OT. *rolling-eyes* Ma quando si parla di lui *davvero* non mi riesco a controllare. Sorry. *rolling-eyes*)
 
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Lady Aika
view post Posted on 19/4/2010, 13:53




Oggi ho finito di leggere "Luna" di Julie Peters. Venerdì sera ho trovato lo spam sul forum antimoccia e la recensione mi aveva subito colpito, nonostante si trattasse di un libro della collana Y(oung) della Giunti, destinato quindi ad un pubblico adolescenziale. Quindi sabato mattina l'ho comprato e ho finito di divorarlo stamattina.

Qui trovate la recensione di IBS.

Ogni singola parola del libro mi metteva tristezza e angoscia, anzi pensavo fosse addirittura più drammatico perché è dedicato ad un adolescente transgender ucciso nel 2001. Per tutto romanzo si sente palpabile la voglia di Liam/Luna di trasformarsi in quello che si sente essere veramente, una ragazza.
Desiderio che traspare ad ogni parola, mettendo quasi ansia ogni volta che Luna/Liam rischia di farsi scoprire e ciò non avviene.
E ciò che a mio avviso rende la storia originale è il fatto che sia tutto raccontato dagli occhi della sorella Regan, che un po' ama un po' *odia* questo fratello/sorella che la sta quasi risucchiando all'interno della sua orbita.
Genitori totalmente assenti, un padre che vuole che il figlio giochi a baseball ed esca con le ragazze e una madre che per tutto il tempo del romanzo è occupata ad organizzare un matrimonio e che ad ogni sua apparizione è incollata al telefono senza accorgersi di quanto le accade intorno.
Un romanzo affascinante, che scorre fluidamente senza diventare mai banale e che è *adulto* nonostante sia indirizzato ad un pubblico adolescenziale. Se vi capita leggetelo, davvero.

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In Italia la letteratura *giovanilistica* dovrebbe prendere esempio da questi autori stranieri, peraltro ho notato che questa collana della Giunti raccoglie storie davvero belle, altro che lucchetti e fari -.-''


Della stessa autrice fra l'altro vorrei leggere questo che affronta la questione del crescere con due genitori dello stesso sesso. Prima o poi lo cerco ^^
 
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Cerridwen Shamrock
view post Posted on 3/5/2010, 17:03




Roddy Doyle, A Star Called Henry. [Una stella di nome Henry]

L'inizio della lotta per l'indipendenza Irlandese. La carneficina al General Post Office di Dublino del 1916 e tutte le vicende che la seguirono.
Un dramma umano raccontato crudamente e visto con gli occhi di un personaggio che da quando aveva quattordici anni ha stretto fra le dita il grilletto di un Thompson, che ha ucciso, gridato, sofferto, visto morire in nome di una bandiera e di una lotta che, forse, non era nemmeno la sua.
Romanzo politico - ma anche appassionata storia d'amore - sospeso fra realtà storica e immaginazione, ritrae con pennellate vivide e disincantate la vita di Henry Smart, frutto della fantasia dell'autore, che però al contempo rispecchia quella di tanti degli eroi della ribellione - quelli che hanno combattuto e sono morti nel silenzio, senza forse nemmeno una menzione in una Rebel Song, ma a cui si deve tutto. Senza moralisimi inutili e stucchevoli.

Grande romanzo. Mi ha colpita veramente tanto - di Roddy Doyle avevo letto e amato The Commitments e mi ero divertita non poco con The Deportees [in Italia Irlandese al 57%], e ora che ho potuto gustare e vivere un romanzo tanto drammatico e *forte* come A Star Called Henry, completamente agli antipodi rispetto al genere e allo stile degli altri due, posso davvero affermare con certezza che Roddy Doyle sia un grande scrittore. Quegli autori che riescono a conquistarmi nel genere comico e allo stesso modo in quello drammatico mi hanno sempre lasciato il segno.
 
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Ste_White
view post Posted on 14/5/2010, 14:31




L'ho recensito su Lj.
Credo però, che meriti di essere letto.
Quindi copio e incollo e lo metto qui, dove potete vederlo tutte. ^^

"Il peso della farfalla" di Erri De Luca.
(Si è una recensione molto lunga XD)

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Questo è il primo libro che leggo di De Luca.
Quindi, non saprei esprimermi sulle sue capacità di autore in generale.
E la critica è abbastanza divisa.
La prima volta che l'ho visto in uno scaffale, avevo così poco tempo, da non poter nemmeno sbirciare la citazione sul retro.
Però mi aveva colpito in un modo tenero quasi.
Piccolissimo tra scaffali immensi e libri enormi, almeno al confronto.
Quasi un rimarcare la leggerezza della farfalla.
Che in fondo leggerezza non è perché è un *peso*.
La farfalla di De Luca pesa.
Sul cuore del bracconiere.
Sulle corna del camoscio.
Ed è bianca.
Sono 70 pagine.
Sembra quasi una favola, più critica che morale (con cenni alla superiorità femminile).
“ Gli uomini hanno inventato i minuziosi codici ma appena c’è occasione si azzannano senza legge”.
Più lirica che prosa, a tratti.
C'è qualcosa che mi ricorda una poesia russa letta tempo fa.
Tipo qui: "D'estate le stelle cadevano a briciole, ardevano in volo spegnendosi sui prati. Allora andava da quelle cadute vicino, a leccarle. Il re assaggiava il sale nelle stelle."
Sono quasi certa che ci sia qualche collegamento, me la ricorda tantissimo... l'autrice dovrebbe essere una donna. Ma io con i nomi non vado d'accordo, quelli russi poi... impossibili da ricordare.
E credo che, in un altro pezzo che non trovo, ci sia anche un rifermento a "Il vecchio e il mare", il contrasto tra la figura del pescatore e quella del cacciatore.
E forse non è neanche una supposizione troppo infondata.
Poi: "L'uomo d'inverno deve solo resistere nel guscio [...] nei mesi con il bianco addosso e intorno, l'uomo diventa visionario. Con il sole nelle palpebre abbagliate la neve si trasforma in frantumi di vetro"
E mi ha fatto pensare a Sam.E al capitolo 26 ma credo solo per il titolo, in realtà. Non saprei, dovrei rileggerlo.

Io l'ho percepita come la storia di due solitudini che si incrociano nel sopravvivere.
L'una contro l'altra.
Sicuramente emerge la superiorità del camoscio.
La crudeltà dell'uomo.
Perché il camoscio lo risparmia e lui no.
Allora ci pensa il cielo.
La farfalla.
Che si posa sul cuore del cacciatore, vuoto come un pugno chiuso.
E si congela sul corno sinistro del camoscio.
Nessun volo spezzettato.
Solo ali ghiacciate.
E la fine è toccante eppure distante.
Non puoi sentirti come si sentono i camosci.
Non puoi identificarti davvero nel cacciatore. Perché lui è un uomo senza.
Allora rimani lo spettatore di una favola critica.
Che sa di aghi e vento. Neve.
Puoi respirare la montagna ed assaggiare il freddo.
Il vuoto dello strapiombo che è lo stesso che c'è dentro.
Perché i camosci, per difendersi, si circondano di reti che sono burroni.
Ed è la scelta della solitudine per sopravvivere.
Diversa dal vivere.
La stessa del cacciatore in fondo.
La senti, mentre suona l'armonica.
Mentre tocca gli alberi.
Il fucile.
Quanto sente gli anni farsi pesanti e sa di dover ridare qualcosa indietro: “ La sua vita a spasso di stagioni era andata col mondo. Se l’era guadagnata molte volte, ma non era roba sua. Era da restituire, sgualcita dopo averla usata”.

Le ultime quattro pagine sono "Visita ad un albero".
Ed è essenzialmente questo.
Una visita al cirmolo.
Parla dell'elettricità che sfrigola nell'aria prima che il fulmine cada.
Di come vadano vissuti certi alberi.
“Gli alberi di montagna scrivono in aria storie che si leggono stando sdraiati sotto”.

Credo sia un libro da leggere con sensibilità.
Altrimenti è solo una banale storia di caccia.
Credo non vadano lette neanche le parole.
Bisogna farle scorrere e lasciare che si attacchino ai pensieri e liberino le immagini e i simboli.
I segreti.
Credo sia pieno di segreti, tutto rimanda ad altro.
Credo che volendo, ognuno potrebbe leggerci qualcosa di diverso.
Perché alla fine è un libro da sentire quasi.
Non da leggere.
E non tanto per capirlo, ma per permettergli di toccarti.
Perché se ti allontani, non vedi più la farfalla.
E non è neanche esatto.
Il trucco sta nel sentirne il peso.
Senza vederla.
Solo sentire.
Il peso del bianco.
 
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20 replies since 17/3/2010, 00:21   323 views
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