| ... Nella mia immensa ignoranza, non so se ce ne sia una giusta, una così profonda. Però mi vengono istintivamente in mente due brani, dai Dialoghi con Leucò di Pavese. Non so neanche se siano proprio quelle *giuste*, ma per me sono importanti.
Da Le cavalle. Ermete affida a Chirone il piccolo Asclepio. Gli chiede se sa perchè la madre del bambino è morta. Risposta di Chirone:
Enodio, mai più la vedremo balzare felice dal Dìdimo al Pelio fra i canneti e le rupi. Tanto ci basti. Le parole sono sangue.
(Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi, quem tibi / finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios / temptaris numeros. Non chiedere, dice Orazio a Leuconoe. Sapere è nefasto.)
Da Schiuma d'onda. Britomarti. O Saffo, onda mortale, non saprai mai cos'è il sorridere?
Saffo. Lo sapevo da viva. E ho cercato la morte.
Britomarti. O Saffo, non è questo il sorridere. Sorridere è vivere come un'onda o una foglia, accettando la sorte. E' morire a una forma e rinascere a un'altra. E' accettare, accettare, se stesse e il destino.
Saffo. Tu l'hai dunque accettato?
Britomarti. Sono fuggita, Saffo. Per noialtre è più facile.
Saffo. Anch’io, nei giorni, sapevo fuggire. E la mia fuga era guardare nelle cose e nel tumulto, e farne un canto, una parola. Ma il destino è ben altro.
Britomarti. Saffo, perché? Il destino è gioia, e quando tu cantavi il canto eri felice.
Saffo. Non sono mai stata felice, Britomarti. Il desiderio non è canto. Il desiderio schianta e brucia, come il serpe, come il vento.
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